lunedì 19 settembre 2016

Se i rosso-stelle-strisciati fossero almeno al livello di uno yankee buono - note sul dramma siriano e non solo

Alcuni anni fa un compagno che segue da vicino le vicende del medio oriente mi diceva che da tutto il mondo arrivano ad Istanbul migliaia di "volontari" con passaporto americano e inglese. Lì venivano armati e inviati a combattere in Siria. A scoppio ritardato i noti "sinistri alternativi", come li chiama l'Antidiplomatico, scoprirono che no, non era vero: ad agire in Siria erano le "masse rivoluzionarie siriane".
O ci sei o ci fai.
Per permettere il confronto critico tra certe salde convinzioni e quanto dice Robert Kennedy Junior, figlio di Robert Kennedy, e nipote di John Kennedy, entrambi assassinati negli anni Sessanta in America, rinvio alla traduzione integrale del suo articolo intitolato, nell'originale
Why the Arabs don’t want us in Syria They don’t hate ‘our freedoms.’ They hate that we’ve betrayed our ideals in their own countries — for oil.
vale a dire
Perché gli Arabi non ci vogliono in Syria
Essi non odiano "le nostre libertà". Essi odiano che noi abbiamo tradito il nostri ideali nei loro paesi

L'originale è stato pubblicato dal forum del sito Politico.eu
La traduzione a scopo di dibattito è stata pubblicata dal sito Tuttalastoria

domenica 4 settembre 2016

Masse siriane rivoluzionarie o bande islamiste allevate dagli USA? Libertà o petrolio? - Il parere del figlio di Robert "Bobby" Kennedy

I fratelli Dulles, "creatori" della politica estera americana
del dopoguerra.  John Foster Dulles (a destra), Partito
Repubblicano esperto di politica estera,  è accolto dal fratello,
Allan Dulles, mentre arriva a New York nell'ottobre del 1948 
Quando in Tunisia scoppiò la "Primavera araba", pressoché tutta la sinistra italiana "di movimento" si accodò, sperando nel miracolo che da lì sarebbe venuto finalmente l'alito per la nuova e definitiva "rivoluzione mondiale".
Un fenomeno davvero incredibile, per i supposti marxisti, soprattutto italiani, che in patria hanno operato in tutti i modi per seppellire anche la memoria delle rivoluzioni vere e vittoriose , almeno per tutta una fase storica, questo aggrapparsi ad una tavola bacata, nella speranza di sfuggire al gorgo generato anche dai propri fallimenti.
Essendo molto vecchio, la cosa mi faceva venire in mente un terribile terremoto, quello dell'Irpinia del 23 novembre 1980. In quel caso, al grande slancio dei soccorsi provenienti da tutta Italia, parteciparono in prima fila anche settori della "sinistra rivoluzionaria". Sul finire di questa epopea umanitaria, verso la tarda primavera, ebbi modo anch'io di svolgere un piccolo ruolo in una "missione" che consisteva nel portare alla scuola di uno dei paesi più colpiti un laboratorio fotografico, grazie ai fondi raccolti all'interno delle "scuole progressiste" bresciane, missione che includeva anche una attività didattica per mostrare ai ragazzi (e agli insegnanti) un possibile uso di quello strumento.
Ebbene, da molto tempo operava già in loco un mio carissimo collega e compagno di tante battaglie politico-culturali, dal quale però mi ha sempre distinto il mio scetticismo - ma io lo chiamerei realismo - nel chiamare le nostre modeste azioni "rivoluzioni". Ebbene, nel 1980 era più che evidente che, se mai c'era stata in Italia la possibilità di compiere quel cambiamento radicale e strutturale che si chiamava allora "rivoluzione", questa possibilità era tramontata da un pezzo; e forse non esisteva già più, quando la "ragazza del XX secolo" lanciò il grido fatidico "ORA O MAI PIÙ" il primo gennaio del 1976 dalle colonne del suo giornale.
Invece vidi che il mio carissimo amico e compagno agiva come se la rivoluzione che non era riuscita da noi, potesse partire dall'Irpinia, da un popolo annichilito da un evento naturale travolgente.
Ora, con la primavera araba, mi sembrava che questo atteggiamento si ripresentasse su una scala ben più ampia, a mio avviso quasi a delineare uno stato quasi allucinatorio di massa, in un ben determinato settore della politica italiana.
Per questo, venuto a conoscenza dello scritto di Robert Kennedy Junior, figlio del senatore Kennedy assassinato il 6 giugno del 1968 a Los Angeles, scritto intitolato "Perché gli arabi non ci vogliono in Siria", ho pensato di tradurlo, se no altro per allargare un poco la visuale nella quale di solito siamo rinchiusi.
Non sarebbe necessario, ma è utile avvertire che il sottoscritto è ben consapevole che Robert Kennedy Junior rimane a tutti gli effetti un "americano". Basti vedere il sottotitolo del suo lungo articolo "Essi non odiano 'le nostre libertà'. Odiano che abbiamo tradito i nostri ideali nei loro paesi - per per il petrolio". Dal che si deduce che per lui è vero che l'America è il paese delle libertà. Nessun scandalo. Tanti rivoluzionari, veri o mascherati ne sono parimenti convinti. Ma basta grattare un po' per accorgersi che l'idealismo conclamato che sorregge il nostro "Junior" arriva a declamare a più riprese che la "Carta atlantica" imposta da Roosevelt all'Inghilterra come "precondizione" per l'entrata in guerra degli Stati Uniti contro Hitler era stato un puro atto d'amore verso tutti i popoli. Come noto, il cardine della Carta Atlantica consisteva nell'impegno dell'Inghilterra e degli altri co-belligeranti a rispettare il diritto di tutti i popoli auto-determinazione.
Ora, è indubbio che questo è un nobile principio. Disgraziatamente, gli USA l'hanno sempre usato on molta elasticità; soprattutto, in quel momento storico, tale principio era in realtà la pre-condizione per lo scioglimento degli imperi coloniali, soprattutto inglesi e francesi. E lo scioglimento degli imperi coloniali è stata la pre-condizione per l'affermarsi del neocolonialismo e del dominio finanziario e militare  americano del "secondo dopoguerra". Ora si può dubitare che Roosevelt fosse un veggente, ma non era certo un cretino. Mentre è per lo meno curioso che Robert Kennedy Junior sia fermo all'esaltare i valori dell'idealismo americano, senza vederne, sembrerebbe, il risvolto.
La cosa che però rende interessante questo scritto è però la lucidità con la quale questo idealista americanissimo vede, si direbbe per conoscenza diretta, le manovre gestite direttamente dai segreti servizi segreti e dai governanti americani nel CREARE la situazione che dilania il Medio Oriente.

Anche perché mio padre è stato assassinato da un arabo, ho fatto uno sforzo per capire l'impatto della politica degli USA in Medio Oriente, e in particolare i fattori che a un certo punto causano risposte sanguinarie da parte del mondo islamico contro il nostro paese. Nel porre al centro dell'attenzione l'ascesa dello Stato islamico e la ricerca dell'origine della barbarie che si è presa tante vite innocenti a Parigi e San Bernardino, si potrebbe anche guardare al di là delle comode spiegazioni religiose ed ideologiche. Invece si dovrebbero esaminare logiche di storia e petrolio più complesse - e si vedrebbe come spesso esse puntano il dito della colpa verso le nostre coste. 

La nauseante storia di violenti interventi americani in Siria - poco conosciuta dal popolo americano, ma ben nota ai Siriani   .... leggi tutto