domenica 20 marzo 2016

UNA GABBIA ADEGUATA - LO SCOPO DICHIARATO DELLA FILOSOFIA DI SIR KARL RAIMUND POPPER

UNA GABBIA ADEGUATA

«Tempo addietro mi fu data in regalo, per il mio giardino, una di quelle grosse gabbie in cui gli uccelli vanno a costruire i loro nidi. […] Per alcuni anni gli uccelli non parvero nemmeno notare la gabbia da nidi. Ma dopo un certo numero di anni, essa venne attentamente ispezionata da alcune cince blu che cominciarono persino a costruirvi, ma che smisero subito dopo. Ovviamente qui c’era un’opportunità da prendere in considerazione (graspable) sebbene essa non risultasse poi come pare, una opportunità apprezzabile. Ad ogni buon conto, qui c’era una situazione problematica. E il problema potrà venir risolto un altro anno da altri uccelli. Se non sarà così, potremo provare un'altra gabbia più adeguata. […] Queste sono potenzialità e possono venir studiate come tali in maniera oggettiva, indipendentemente dalla questione se queste potenzialità vengano o meno mai attualizzate da qualche organismo vivente. Un batteriologo sa come preparare una tale nicchia ecologica per la coltura di determinati batteri o muffe.» (K.R. Popper, Epistemologia senza soggetto conoscente, in Conoscenza oggettiva, trad. it., Roma, Amando, l983, pp. 163 – La sottolineatura è delle parole originali di Popper è fatta da me.)
Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994) è stato un filosofo e epistemologo austriaco naturalizzato britannico. Egli fu proclamato "Sir" (baronetto) dalla regina Elisabetta II nel 1965.
La parafilosofia di Popper ha avuto una incidenza eccezionale sulla storia del XX secolo e sulla disgregazione delle basi culturali del socialismo e del comunismo - basti pensare all'"Open Society
Foundation" del banchiere d'assalto George Soros ed al ruolo da essa giocato nelle "rivoluzioni colorate" di fine del millennio scorso e dell'inizio di questo: Soros ha chiamato la sua organizzazione "Società aperta" in onore di Popper e del suo "capolavoro" politico "La società aperta e i suoi nemici (Platone-Hegel-Marx".
Eppure, proprio nel pieno degli anni della "rivoluzione in occidente" gli editori "di sinistra" italiani hanno fatto a gara nel pubblicare gli scritti di Popper.
Eppure la truffa culturale e le vere e proprie insensatezze di questo "Sir" erano macroscopici e visibili ad occhio nudo, per chi voleva vederli.
Come si fa in questa tesi universitaria discussa a Parma nel 1983.
Che, non a caso, venne accolta con rabbia dal collegio esaminante e pubblicamente misconosciuta dal relatore ... 
Solo ora uno scritto denuncia il complotto che stava (e sta!) dietro a tutto questo, dai livelli mondiali a quelli - è lecito supporlo - dell'orto domestico. Vedi:
La cosa veramente desolante è stata l'arretratezza culturale del '68, per cui tra i semplici "nostalgici", soddisfatti dell'esito della ondata rivoluzionaria novecentesca, da un lato, e gli adepti delle varie sette già condannate dalla storia, dall'altro, la mossa culturale prevalente è stata la pura e semplice riproposizione di modelli politici e culturali ormai in varia misura e in vari modi consumati. Tra questi secondi, particolarmente patetici sono stati i cultori dei "Grundrisse", cioè dell'aborto del primo tentativo di Marx di scrivere quello che, dopo peripezie di decenni, sarebbe diventato "Il Capitale". Aborto che Marx in persona ha "gettato via" a causa di un clamoroso errore di metodo, anche se, si può supporre, lo ha conservato gelosamente per la massa di contenti materiali ed analitici che potevano essere riutilizzati in un contesto metodologico diverso, come ho dimostrato nel mio scritto "L'arcano della pagina soppressa astratto e concreto da Hegel a Marx".
In particolare nella "vulgata" Sessantottina era strabordante il mantra del marxismo come teoria scientifica, intesa "volgarmente", come avrebbe detto Marx, come pura petizione di principio di intangibilità, in quanto parificata alla presunta infallibilità delle scienze della natura. Non è qui il caso, in questa semplice nota, di entrare nel dibattito sulla epistemologia della scienza. Qui intendo semplicemente segnalare che, essendo questa "volgarità" la base culturale prevalente, e molte volte esclusiva, di molti militanti sessantottini, la critica di Popper alla "scientificità" del marxismo è entrata nell'ammasso culturale di quegli anni come un coltello arroventato dentro una massa di burro. Mi dicono che perfino il distruttore di un partito comunista, dopo esserne stato segretario per più di un decennio, cioè Fausto Bertinotti, avrebbe ora sposato al tesi secondo cui il marxismo non avrebbe retto al "criterio di falsificazione" popperiano.
Da parte mia mi limito qui ad introdurre il seguente passo:
Ci sono le scienze dell'uomo.
In questo campo di solito si assiste al lamento dell'epistemologo, dovuto al fatto che le scienze dell'uomo hanno qualche difficoltà a raggiungere il livello di formalizzazione, e la fecondità, nel senso di capacità di dominio, delle altre scienze. L'augurio dell'autore e che queste scienze mantengano sempre QUESTA infecondità.
A parere dell'autore questa fortunata infecondità dipende dal fatto che l'OGGETTO di queste scienze non è un oggetto, ma un SOGGETTO, cioè autocoscienza e dialettica, e, forse, libertà. Il compito che gli epistemologi e gli scienziati sociali sembra si siano assunti con assoluta pervicacia, è quello di trasformare l'uomo integralmente in un oggetto, giungendo a negare la rilevanza, se non addirittura l'esistenza, della soggettività. Secondo l'autore questo è un compito impossibile in linea di principio; ma il fatto che sia impossibile in linea di principio non significa che sia impossibile raggiungere con efficacia determinati risultati, individuando degli strumenti che con metodi oggettivi riescono ad intervenire sulla soggettività.
Si tratta di un passo della postfazione di un libro uscito più o meno negli stessi mesi in cui è stata discussa la tesi citata sopra. Vale la pena precisare che le parole "epistemologo", "fecondità", "capacità di dominio" puntano univocamente contro Sir Karl Raimund Popper e la sua filosofia, da me individuata già allora come il più subdolo attacco alla liberazione umana, a servizio del capitale, condotto paradossalmente e, appunto, truffaldinamente da uno che, amico e stretto sodale dei sacerdoti dell'ultraliberismo che sta massacrando l'umanità (vedi l'accordo criminal-nazista tra Unione Europea e Turchia sui migranti), sempre da Wikipedia, viene presentato così:
Popper è anche considerato un filosofo politico di statura considerevole, difensore della democrazia e dell'ideale di libertà e avversario di ogni forma di totalitarismo. Egli è noto per il rifiuto e la critica dell'induzione, la proposta della falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e non scienza, la difesa della "società aperta".
Mentre in realtà il suo scopo reale è quello che si evince dalla citazione iniziale: costruire per gli "inferiori" la gabbia giusta, grazie alla tecnica giusta. Che il contesto da cui è tratta la citazione stia discutendo di un diverso problema, sono "le parole in sé", come dice Popper stesso, che rivelano l'effettività della sua concezione. E se gli uomini non gradiscono gli "ambienti" che il tecnologo sociale, analogamente all'ornitologo e al batteriologo, appronta per loro? Su questo Popper è fondamentalmente più reticente dei suoi sodali Von Hayek e Von Mises, di cui tratta il libro di Carbonelli, per i quali lo Stato, nella loro "società libera", esiste solo per bastonare chi non ci sta, siano questi ultimi individui o popoli. Ma la concezione per cui "loro" si riservano di decidere secondo le loro "propensioni" inviolabili, mentre gli "altri" devono essere ricondotti, grazie agli "opportuni" interventi con la "tecnologia sociale a spizzico" a subire felici e contenti le loro scelte, è esattamente la stessa, rinsaldata dalla comune appartenenza, addirittura come fondatori, alla Mont Pelerin Society, il Think tank (carro armato del pensiero) denunciato sempre nel libro di Carbonelli.
A Popper la tesi che qui si presenta e che si consiglia di leggere, anche per lo stile piano e diretto, che riporta al linguaggio quotidiano le complesse questioni trattate senza perdere di precisione culturale, rivolge critiche puntuali e sempre più attuali:

sabato 5 marzo 2016

Gli effetti della "autentica riconciliazione della Repubblica" - fascisti e foibe

IL 28 MAGGIO ANCORA SOTTO ATTACCO

Ieri sera, venerdì 4 marzo, mentre erano da poco iniziate le relazioni di Alessandra Kersevan e di Claudia Cernigoi, le due studiose delle vicende che durante la seconda guerra mondiale hanno devastato quello che nella retorica nazionalista è chiamato “il confine orientale”, i fascisti non hanno resistito al richiamo della foresta, e dall'alto della rampa che sovrasta il cortile del Centro Sociale 28 Maggio hanno lanciato un fumogeno che ha col suo lampeggiare ha indotto i partecipanti a precipitarsi fuori dal Centro Sociale, e a correre sulla strada per tentare di intercettare gli autori del gesto.
Naturalmente gli attentatori si erano già dileguati, probabilmente a bordo di una macchina, usata per arrivare al punto propizio al lancio e per fuggire subito dopo.
L'episodio in sé sembrerebbe di non grave entità, se non fosse il seguito diretto della provocazione compiuta nella notte tra il 10 e l'11 febbraio scorso, quando sull'ingresso del Centro Sociale furono appesi due manifesti, di cui uno, firmato da Brescia identitaria, propagandava una fiaccolata “in onore dei martiri italiani di Fiume, Istria e Dalmazia”; mentre l'altro era né più e né meno che il manifesto ufficiale della iniziativa del comune di Rovato, iniziativa che a sua volta era intitolata “SORDO RIMBOMBO - le foibe e l'esodo giuliano dalmata”.
La serata con le due studiose triestine intendeva appunto rispondere con la ragione, con la ricostruzione storica, con l'esame dei documenti, alla rozza propaganda e alla strutturale falsificazione della storia che ormai, dopo l'istituzione dello sciagurato “Giorno del ricordo” non è più armamentario dei soli fascisti, ma in qualche modo sono entrate “ufficialmente” e vergognosamente nel patrimonio della “Repubblica nata dalla Resistenza”.
E questa è stata la risposta fascista, che ancora una volta si presenta con sempre maggiore aggressività e spudoratezza, “sdoganata” a livello istituzionale dalla legge istitutiva di questa ricorrenza, punto di caduta di una lunga parabola compiuta negli ultimi decenni dalla politica italiana.
Infatti di assoluta gravità è la stessa istituzione di questo equivoco “Giorno del ricordo”, che in sostanza consiste nel riconoscimento da parte della Repubblica italiana di una equiparazione tra vicende non comparabili. Come disse Franco Giordano nel motivare l'opposizione al provvedimento da parte di Rifondazione Comunista, unico gruppo politico presente in parlamento a votare contro questa legge, una simile legge significava considerare la vicenda del “confine orientale” pari a quella : del 25 aprile e di quella dell'Olocausto, in quanto stiamo parlando di fenomeni che non sono assolutamente equivalenti e la proposta di renderli equivalenti, in realtà allude ad un processo di revisionismo storico che cambia la natura dello Stato e della Costituzione antifascista”.
E in questo consiste la irrimediabile gravità di questa ricorrenza: essa legittima di fatto e di diritto la attività politica dei fascisti, che, come dimostrano drammaticamente gli episodi di San Colombano contro i profughi, non hanno affatto cambiato la loro natura; anzi si sono rafforzati e continuano la loro opera, approfittando anche dello spazio aperto dal “Giorno del ricordo” verso un futuro di autentica riconciliazione della nostra Repubblica”, come pure si disse in Parlamento in occasione della approvazione della legge da parte di un deputato del centro-sinistra. Ed anche a Brescia conosciamo bene chi si è dato da fare molto da fare per questa mortale “riconciliazione”.
Ma perché è avvenuto questo rovesciamento? La risposta possiamo probabilmente trovarla negli ultimissimi fatti “internazionali”. È chiaro per noi che “l'autentica riconciliazione della Repubblica” per molti è, del tutto coscientemente, funzionale alla proiezione italiana nelle peggiori avventure neocoloniali, ad esempio nella prossima campagna di Libia. Reversione alla quale, ricordiamolo, ha dato un potente impulso l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nel 2007 e nel 2008 ha dettato la linea su entrambi fronti, quello del “confine orientale” e quello degli interventi armati all'estero: la “riconciliazione” dovrebbe fare degli italiani un unico blocco a sostegno di queste politiche. E ad un simile progetto noi, con le nostre forze, continueremo ad opporci.


LE COMPAGNE ED I COMPAGNI DEL CENTRO SOCIALE 28 MAGGIO